
Non siamo più i più tartassati d’Europa. A dirlo non è un politico in cerca di consensi, ma l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che con dati alla mano smonta un luogo comune duro a morire: l’Italia non è più il grande “malato d’Europa”, e gli italiani non sono i cittadini più vessati dal fisco nell’Area Euro.
Il primato negativo, oggi, spetta ai francesi, che nel 2024 hanno versato ben 57 miliardi di euro in più rispetto a noi in tasse e contributi. “Con un prelievo fiscale pari al 45,2 per cento del Pil, la Francia ha raggiunto livelli che in Italia non abbiamo mai toccato”, sottolineano gli analisti della CGIA. E non è solo una questione di numeri: la Francia è alle prese con una crisi politica, sociale ed economica che ha già mietuto vittime eccellenti, come il primo ministro François Bayrou, terzo premier a dimettersi in poco più di un anno.
L’Italia, invece, sembra aver trovato un inaspettato slancio. “Nel confronto con Parigi, vinciamo noi”, afferma la CGIA, ricordando che abbiamo due punti percentuali di disoccupazione in meno, un export superiore di oltre 33 miliardi di dollari e uno spread ai minimi storici. Certo, i problemi strutturali non mancano: il tasso di occupazione femminile più basso dell’UE, la crescita delle retribuzioni stagnante e disuguaglianze sociali sempre più marcate. Ma il nostro sistema produttivo ha reagito con forza alle crisi del triennio 2020-2022, grazie anche alle misure di sostegno al reddito varate dagli ultimi tre governi. E il Governo Meloni, con il PNRR e la ZES Unica, sta cercando di rilanciare il Mezzogiorno, “una ripartizione geografica che, finalmente, si sta lasciando alle spalle decenni di disoccupazione, difficoltà e ritardi economici”, osserva ancora la CGIA.
Sul fronte della crescita, l’Italia ha fatto meglio di Francia e Germania: tra il 2019 e il 2024 il nostro Pil reale è cresciuto del 5,8 per cento, contro il 4,3 francese e lo zero tedesco. Solo la Spagna ha fatto meglio, con un +6,8 per cento. Ma è sul Pil reale pro capite che ci prendiamo la leadership: +7,2 per cento, contro il +3 della Spagna, il +2,6 della Francia e il -1,6 della Germania. “Non possiamo però rallegrarci troppo”, avverte la CGIA, “perché Francia e Germania sono i principali paesi di destinazione del nostro export, e se lì le cose vanno male, le ricadute si faranno sentire anche da noi”. A complicare il quadro, ci sono anche i dazi imposti dall’amministrazione Trump, che rischiano di penalizzare ulteriormente le nostre esportazioni. Ma per una volta, almeno sul fronte fiscale, possiamo dire di non essere i più tartassati. E non è poco.