«Il Covid-19 è stata un’occasione unica, per quanto non voluta, di instillare in modo massivo e profondo il convincimento che si devono attuare scelte strategiche e comportamenti volti a prevenire o a ridurre il rischio per sé e per gli altri. Il mondo mutualistico può fornire una risposta efficace ai tanti cittadini che per ragioni economiche hanno rinunciato nell’ultimo anno alle cure e all’assistenza sanitaria».
Costituita nel 2005 a Torino su iniziativa di Roberto Turreno, Broker Advice è una società di brokeraggio con forte specializzazione nel segmento automotive, dove è rapidamente diventata un player di riferimento per rivenditori e concessionari d’auto. Tra i segni distintivi della società va ricordata la presenza in cda di Danilo Ariagno, presidente del Comitato Tecnico Scientifico di Aiba.
Oltre alle classiche attività di consulenza e intermediazione assicurativa, Broker Advice si è dotata di una struttura che le permette di fornire alle Compagnie straniere il supporto necessario per approcciare il mercato italiano in maniera strutturata per quanto riguarda le attività iniziali quali gli studi di settore, le analisi di mercato, la redazione di business plan sulla base degli obiettivi individuati. Attento osservatore delle dinamiche del settore, abbiamo incontrato Roberto Turreno per conoscere da chi opera quotidianamente sul campo quali sono le maggiori difficoltà incontrate da un intermediario assicurativo durante la pandemia e quali sono le nuove esigenze emerse.
È innegabile che la pandemia abbia scosso la nostra quotidianità, mettendo a dura prova qualsiasi comparto di produzione e di distribuzione, sia di domanda che di offerta di servizi e di beni, ma l’attacco principale l’ha subito il mondo sanitario, come è comprensibile e sotto gli occhi di tutti.
Rallentando in modo significativo la crescita globale, la pandemia ha ridotto di conseguenza la liquidità generale e impattato fortemente sulla stabilità finanziaria, costringendo gli assicuratori a rimodulare i propri budget e i propri piani di sviluppo.
Gli intermediari si sono visti sempre più esposti alla necessità di dover supportare la propria clientela a 360°, soprattutto il corporate, che ha richiesto e richiede un adeguato sostegno nella gestione di specifiche e determinate tematiche, soprattutto in ambito di Responsabilità Civile e di organizzazione aziendale.
Alle imprese di assicurazione e agli intermediari si chiederà sempre di più di ridefinire i prodotti assicurativi esistenti e di integrare l’offerta con prodotti nuovi, più flessibili e modulabili, per rispondere a future crisi. Penso ad esempio alla necessità di rivedere certe clausole di esclusione, alla richiesta di introdurre servizi più rapidi e completi, tagliati su modelli lavorativi impensabili fino a due anni fa (mi riferisco allo smart working, per esempio), a una crescente domanda di adeguamenti delle coperture a tutela della propria salute.
Broker Advice è uno dei maggiori esperti nelle coperture per concessionari e rivenditori automotive. Un segmento, quello dei dealer in forte difficoltà per via del calo delle vendite di veicoli e della crisi dei chip. Quali sono i riflessi assicurativi di questa situazione e quali sono i benefici che può apportare un broker al dealer?
Credo che la crisi del settore automotive arrivi da più lontano e sia di natura strutturale. La pandemia, fenomeno socio-economico senza precedenti, ha determinato sicuramente una battuta di arresto nel mondo automotive, la crisi dei semiconduttori a seguire e la sofferenza nella supply-chain internazionale del comparto creerà una bolla speculativa dovuta al ritardo nelle forniture.
La crisi finanziaria dell’ultimo decennio ha ridotto, e di molto, il budget familiare destinato ad acquistare coperture danni, fenomeno che si accompagna anche a una generalizzata forte riduzione dell’interesse del consumatore verso le assicurazioni.
Il broker può - e deve - rispondere in modo ancora più incisivo di prima alle esigenze che gli presenta il mondo dei dealer, perché oggi più che mai la vendita delle vetture non è sufficiente a garantire la stabilità economica del dealer, che deve integrare la propria offerta alla clientela con prodotti finanziari e assicurativi innovativi, sostenibili, di impatto, capaci di resistere alla forte competitività del settore.
Non solo, la sempre più attenta e disincantata consapevolezza del consumatore sta prendendo sempre più piede e i pacchetti assicurativi proposti dai Dealer appaiono assai meno convenienti in confronto ai prodotti tradizionali venduti dai Broker o dagli Agenti. Credo che non durerà ancora molto l’attuale sistema distributivo.
Se a ciò si aggiunge che da alcuni anni una compagnia fornisce come unico interlocutore il proprio prodotto a tutte le società commerciali che intermediano questo tipo di copertura, non bisogna essere degli esperti per comprendere quale futuro potrà mai avere il comparto.
Il broker, grazie alle sue competenze tecniche, commerciali, manageriali, gestionali, digitali e al suo sguardo profondo sul mondo assicurativo, deve davvero essere capace di rappresentare un valore aggiunto per il proprio cliente/dealer, deve “accompagnarlo” verso scelte di più ampio respiro così come verso opzioni assicurative focalizzate sulle nuove, diverse e diversificate necessità dei suoi clienti.
È cambiata la sensibilità delle imprese dopo l’esplosione della pandemia? Sono più attente alla tutela assicurativa?
Certamente, soprattutto per quanto riguarda le coperture RC e le coperture sanitarie.
A seguito della pandemia, le imprese si dividono tra il ritorno alla normalità e la ricerca di nuove soluzioni per nuovi bisogni.
La maggior consapevolezza, da parte del cittadino, dell’imprenditore, del consumatore, della propria debolezza rispetto ai rischi che lo circondano, rischi che sono entrati nelle case e nelle aziende di tutti senza bussare né essere invitati, porterà probabilmente nel medio periodo a una riduzione del gap oggi esistente tra le imprese e gli assicuratori.
La pandemia ha instaurato un nuovo modo di “sentire” la protezione personale e degli altri, la necessità, non solo economica, di proteggere e tutelare i colleghi, i clienti, i collaboratori, i dipendenti.
Il Covid-19 è stato un’occasione unica, per quanto non voluta, di instillare in modo massivo e profondo il convincimento che si devono attuare scelte strategiche e comportamenti volti a prevenire o ridurre il rischio per sé e per gli altri.
Il “rischio pandemia” prima era forse solo una voce nei fascicoli informativi, ma da due anni a questa parte le aziende si sono trovate a maneggiare quotidianamente concetti e quesiti come i “rischi sanitari”, il “rischio interruzione di esercizio” i “ritardi e gli inadempimenti contrattuali”, la “continuità aziendale”, la “progettazione delle scelte assicurative”.
Ritengo che proprio queste ultime rappresentino da una parte la vera sfida delle imprese, dall’altra il mezzo che le potrà traghettare oltre il mare pandemico, consapevoli che le proprie forze, così come i numerosi decreti e ordinanze ministeriali, per quanto ampiamente dispiegati, da soli non sono più sufficienti a garantire la solidità delle attività produttive e distributive di un’impresa.
Diversi studi ci dicono che in quest’ultimo anno e mezzo gli italiani sono diventati più sensibili alla tutela della salute, tuttavia resta il problema dell’accessibilità. Sono sempre molti i cittadini che rinunciano a cure mediche per problemi economici. In questo senso quali possono essere gli strumenti per rispondere concretamente al bisogno di accesso alle cure mediche?
Al concetto che la spesa sanitaria “è un investimento piuttosto che un costo” non corrisponde nel concreto, purtroppo, l’azione dei cittadini, di cui un numero importante rinuncia alle cure sanitarie.
L’Italia è in coda, in Europa, per la spesa sanitaria (pubblica e privata), e certamente la pandemia ha fortemente accentuato tutte le debolezze del sistema sanitario, nel suo insieme.
La crisi economica, pre e post pandemia, ha fatto sì che la spesa sanitaria sia ancora accentrata sugli interventi curativi piuttosto che su quelli preventivi.
Abbiamo assistito a un generale deterioramento dei servizi sanitari di base, dovuti alla carenza degli operatori sanitari, ai lunghi tempi di attesa, all’insufficiente intervento dello Stato nella gestione dei fondi per sostenere i costi sanitari, laddove l’emergenza e la forte pressione a cui sono stati sottoposti i professionisti sanitari, ha concentrato tutti gli sforzi – comprensibilmente – nel contenimento delle perdite di vite umane.
Aumentando la quota delle spese sanitarie dirette a carico del cittadino (out-of-pocket) e non potendo adeguatamente affrontarla, molti cittadini hanno rinunciato alle cure mediche.
In questo ambito, molto può fare il mondo mutualistico, assai più “snello” e “agile” di quello assicurativo tradizionale, tramite interventi volti ad orientare l’offerta e a rispondere ai mutamenti della domanda, per esempio tramite modalità diverse di fruizione dei servizi, principalmente in ambito digitale, di cure a domicilio, di assistenza a distanza (pensiamo alla telemedicina e al monitoraggio a distanza dei pazienti), con tempi più rapidi e risultati più efficaci.
Bisogna porre in essere percorsi personalizzati di prevenzione e check-up, aumentare il finanziamento statale del fabbisogno sanitario, realizzando programmi operativi che allarghino la base dei fruitori, anche e soprattutto per i nuclei a basso reddito.
Si parla molto di digitalizzazione e nuovi rischi emergenti, che impatto potranno avere queste voci sul mondo del brokeraggio? C’è ancora spazio di manovra per un piccolo broker che vuole continuare a operare da indipendente?
Certamente i piccoli broker stanno vivendo, più di tutti, la crisi dell’intermediazione, per cui ritengo che - per come si sta evolvendo il settore dell’intermediazione - l’unica via per i piccoli broker, per non estinguersi, sarà quella dell’aggregazione. Ne sono fortemente convinto anche se personalmente non lo trovo giusto.
I nuovi rischi emergenti per la salute e la sicurezza sul lavoro, per le imprese e per i consumatori in generale, dovuti all’introduzione di nuove tecnologie e nuove modalità lavorative, rappresentano una sfida che in tanti casi sarà fuori dalla portata dei piccoli broker, che non hanno la capacità finanziaria e strutturale per affrontarli in modo adeguato (pensiamo alla gestione del cyber-risk aziendale, per esempio).
Se è pur vero che la tecnologia rappresenta, in tanti casi, un alleato prezioso e un importante strumento di innovazione e sviluppo, è anche vero che richiede un investimento in termini di tempo e risorse che non tutti possono reggere.
I medi e grandi broker devono puntare molto sui servizi di consulenza e di informazione digitale alla clientela, devono snellire e ottimizzare le modalità di consultazione, gestione e vendita delle polizze e dei prodotti/servizi assicurativi, e per farlo sono obbligati – e lo saranno sempre di più e con tempi sempre più ristretti - a rimodulare in modo sostanziale il proprio processo di intermediazione, dall’analisi dei rischi al piazzamento della polizza.
Come giudica l’offerta assicurativa delle compagnie italiane? È al passo con l’evoluzione dei nuovi rischi?
Negli ultimi anni si sono aperti nuovi orizzonti nell’offerta assicurativa: mi riferisco all’on- demand (per esempio le coperture di durata ridotta o limitate a un singolo evento), le polizze custom-made, il pay-per-use (le polizze RC auto, ad esempio, basate sull’effettivo consumo). I consumatori richiedono alle Compagnie di poter accedere a un’offerta modulare, che soddisfi rapidamente le loro esigenze sempre mutevoli, in modo trasparente, semplice, flessibile, altamente personalizzabile.
Con un semplice accesso e pochi click vogliono poter accedere al servizio, attivarlo o interromperlo, sui loro vari device tecnologici.
Sono emerse nuove abitudini e modalità di consumo, nuovi profili di rischio (informatico, per esempio, oltre al già citato rischio sanitario) e le Compagnie sono chiamate a dare una risposta concreta, adottando un approccio incentrato non più solo (o principalmente) sul prodotto, ma sul consumatore, che è un consumatore in rapida evoluzione, sia nelle sue scelte che nelle sue esigenze. Probabilmente, in questa sfida, ne usciranno vincenti le Compagnie più snelle, quelle con il management maggiormente customer-oriented e capace di stare non solo al passo con i tempi, ma addirittura in grado di prevedere e anticipare nuovi bisogni assicurativi, e non limitarsi solo ad affrontarli, una volta che si siano presentati.