
Il conto dell’inverno demografico per l’Italia si sta facendo ogni giorno più pesante e concreto. Non si tratta più solo di grafici e previsioni, ma di numeri reali che cominciano già a incidere sul presente: a settembre 2025 ci saranno 134mila studenti in meno rispetto all’anno precedente. È il primo segnale tangibile di una tendenza che investe tutta la catena sociale ed economica: dalla scuola al lavoro, dalle pensioni alla sanità, fino al Pil.
“Negli ultimi cinque anni le nascite sono passate da 420.084 del 2019 a circa 370mila nel 2024”, ha ricordato l’Istat. I dati, riportati in un approfondito dossier pubblicato su Il Sole 24 Ore a firma di Marco Rogora e Claudio Tucci, confermano che il tasso di fecondità continua a scendere inesorabilmente. Si prevede che la popolazione italiana passerà dagli attuali 59 milioni a 54,8 milioni nel 2050, fino a 46,1 milioni nel 2080. Questo si traduce in un drastico ridimensionamento della forza lavoro: nel solo periodo che va da oggi al 2040 si perderanno cinque milioni di persone in età attiva. E mentre il rapporto tra lavoratori e pensionati si avvicinerà all’1:1, il Pil potrebbe subire una contrazione dell’11%, pari all’8% in termini pro capite, secondo la Banca d’Italia.
L’Ocse rincara: da qui al 2060 l’Italia perderà il 34% della sua popolazione attiva, una delle peggiori performance tra i Paesi industrializzati. Con meno giovani e più anziani, il peso delle prestazioni assistenziali aumenta. L’Upb ha stimato che entro il 2043 la spesa sanitaria salirà al 6,4% del Pil e quella per la long-term care al 2,1%. E intanto, il welfare nel suo complesso – pensioni incluse – arriverà a pesare per il 25,1% sul Pil, secondo la Ragioneria Generale dello Stato. Una quota destinata a scendere solo a partire dal 2043 con l’uscita dei baby boomer, ma che comunque resterà su livelli storicamente elevati.
La situazione abitativa futura non aiuta: “quasi il 40% delle famiglie sarà composto da una sola persona entro il 2043”, con 6,2 milioni di over 65 (+38%) e 4 milioni di over 75 (+4%) che vivranno da soli. Questo significa maggiore pressione sul sistema sanitario e assistenziale, soprattutto per indennità e servizi domiciliari. Ma non è tutto: la mancanza di competenze – il cosiddetto mismatch – ha raggiunto il 45%, con un impatto economico stimato in 44 miliardi di euro di valore aggiunto perso. “Nel 2004 i giovani tra 15 e 34 anni superavano di 3 milioni la fascia 50-74, oggi la situazione è ribaltata: ci sono 4 milioni di over in più”. È un cambio di equilibrio che avanza rapidamente e rischia di diventare strutturale.
Le soluzioni? Non possono più essere rimandate. Serve agire sul recupero degli inattivi, tema su cui concordano istituzioni e centri di ricerca. Ma si affaccia anche un’altra leva strategica: “l’inserimento programmato e regolare di immigrati”, proposto da Upb e Bankitalia. Senza una terapia d’urto, l’inverno demografico potrebbe diventare un vero e proprio gelo sistemico per il Paese.