
Quello che ci aspetta, a meno di una svolta epocale, è l’ennesimo teatrino prima della legge di Bilancio 2026, e a dirlo a gran voce, dati alla mano, è la Fondazione GIMBE. La fotografia scattata dall’ente non lascia spazio a dubbi: la spesa sanitaria pubblica italiana nel 2024 è una goccia nel mare rispetto ai nostri partner europei e a quelli del G7, confermando una tendenza che ha radici lontane.
L’Italia si ritrova al quattordicesimo posto su ventisette Paesi europei dell’OCSE per spesa pro-capite e, udite udite, all’ultimo posto tra i Paesi del G7. Parliamo di un misero 6,3% del PIL, una percentuale che ci lascia indietro rispetto alla media OCSE del 7,1% e a quella europea del 6,9%, con un gap pro-capite che sfiora i 43 miliardi di euro. Una cifra che fa riflettere, specie se si pensa che fino al 2011 eravamo più o meno allineati con la media europea, per poi scivolare in un progressivo definanziamento, un vero e proprio salasso che ha trasformato la sanità da diritto a lusso per molti.
A fare un’analisi lucida e cruda della situazione è il presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, le cui parole suonano come un campanello d’allarme, o forse una vera e propria sirena. “Il sottofinanziamento pubblico della sanità italiana è ormai una questione strutturale che, oltre a generare tensioni crescenti in Parlamento, sta mettendo in grandi difficoltà tutte le Regioni, sempre più in affanno nel garantire i livelli essenziali di assistenza mantenendo in ordine i bilanci”. Ma il conto più salato, ahimè, lo pagano i cittadini, costretti a fare i conti ogni giorno con liste d’attesa interminabili, pronto soccorso al collasso e la crescente necessità di mettere mano al portafoglio per visite e prestazioni, tanto che nel 2024 quasi sei milioni di persone hanno dovuto rinunciare a curarsi. Se si guarda la spesa pro-capite, il dato è ancora più impietoso: 3.835 dollari contro una media europea di 4.689, con un divario di 854 dollari che ci fa finire dietro a nazioni come Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna. In Europa, come sottolinea Cartabellotta, “l’Italia è prima tra i paesi poveri”. E se si guarda al G7, la situazione non migliora: siamo sempre stati il fanalino di coda e il divario con gli altri, come la Germania che ha più che raddoppiato la sua spesa, è diventato un abisso.
Il dibattito sul sottofinanziamento non può ridursi ogni anno a una sterile battaglia per qualche miliardo in più da strappare al Ministero dell’Economia. Serve, secondo Cartabellotta, un patto tra tutte le forze politiche, un impegno strategico che vada oltre i Governi e che rifinanzi la sanità pubblica, accompagnato da riforme strutturali. Un’urgenza che non è solo una questione di bilanci, ma di diritti e dignità. “La salute delle persone non è solo un diritto fondamentale, ma anche una leva di sviluppo economico e della tenuta sociale del Paese”, conclude Cartabellotta.