
In Italia si fanno sempre meno figli e non è solo una questione di scelte personali, ma di sistema. Lo dimostra il dato impietoso del 2023: 379.000 nascite, il minimo storico dall’Unità d’Italia. Un numero che non è solo un campanello d’allarme sociale, ma una vera e propria minaccia alla tenuta economica del Paese.
Il tasso di fertilità è fermo a 1,20 figli per donna, ben lontano da quel 2,1 che garantirebbe il ricambio generazionale. E mentre il Nord Europa investe da anni in politiche familiari come pilastro di crescita e coesione, l’Italia destina appena l’1,8% del PIL alla protezione sociale per la natalità e la cura dei figli, contro una media europea del 2,3%. I
n questo scenario, Marco Massarenti, consigliere nazionale di Unimpresa, lancia una proposta che merita attenzione: “Il welfare aziendale non è un costo, ma un investimento che aiuta le famiglie, trattiene i dipendenti e rende le imprese più competitive”. L’idea è quella di un welfare familiare a doppio binario, dove Stato e imprese collaborano. Da un lato, un supporto pubblico universale per i redditi più bassi, con copertura delle spese sanitarie e scolastiche; dall’altro, un sistema di welfare aziendale su misura, incentivato fiscalmente, che permetta anche alle piccole e medie imprese di offrire servizi come asili nido, rimborsi per tasse scolastiche o convenzioni sanitarie. Perché oggi solo il 21,8% delle microimprese italiane dispone di strumenti previdenziali, contro il 76,5% delle grandi aziende. “La natalità è una delle grandi questioni nazionali del nostro tempo. Non possiamo pensare di affrontarla soltanto con bonus temporanei o misure spot. Occorre un impegno condiviso”, insiste Massarenti, sottolineando come il sistema produttivo italiano sia fatto soprattutto di PMI, il vero motore dell’economia. Eppure, queste aziende faticano a competere in termini di servizi con i grandi gruppi industriali, alimentando una spirale negativa: meno figli, meno forza lavoro, meno crescita.
Crescere un figlio in Italia costa tra i 150.000 e i 200.000 euro fino ai 18 anni, con sanità e istruzione a pesare come macigni. Il rischio di povertà infantile è in aumento e colpisce quasi un bambino su quattro. Gli asili nido? Copertura ferma al 27,2% a livello nazionale, con punte drammatiche nel Mezzogiorno, dove si scende al 12,8%. Le madri, spesso, sono costrette a rinunciare al lavoro. “Investire sul benessere dei genitori lavoratori significa rafforzare non solo la tenuta sociale, ma anche la produttività e la competitività delle imprese. È una sfida che riguarda tutti e che richiede risposte strutturali, non emergenziali”, conclude Massarenti. E ha ragione: se non si cambia rotta, la crisi demografica rischia di diventare una crisi sistemica, capace di condizionare profondamente il futuro economico e politico dell’Italia. Serve un nuovo patto tra Stato e imprese, serve un welfare che non lasci indietro nessuno, serve un Paese che torni a credere nel futuro.