
A Milano, nell’ambito del festival Milano4MentalHealth, il convegno “ZeroPerCento 2025 – Diamo forma al cambiamento” ha acceso i riflettori su un tema che troppo spesso resta ai margini del dibattito aziendale: l’inclusione come pratica quotidiana, come cultura viva e non come semplice etichetta.
Tra le voci più lucide e appassionate, quella di Claudia Abbruscato, diversity & inclusion manager di Assimoco, che ha portato al panel dedicato alle buone pratiche un intervento capace di scuotere convinzioni e aprire prospettive. “Spesso l’inclusione viene percepita come progetto o policy, ma in realtà è un modo di essere e di agire che riguarda tutti”, ha affermato sottolineando quanto sia urgente superare i bias inconsci e gli ostacoli culturali che ancora frenano il cambiamento.
Il suo discorso ha tracciato una linea netta tra l’inclusione come parola d’ordine e l’inclusione come sistema operativo, capace di generare benessere, crescita e senso di appartenenza. Ma il cuore del suo intervento è stato un invito a guardare oltre le categorie visibili, a riconoscere la complessità delle identità individuali e a dare spazio alla diversità invisibile: “Significa imparare a riconoscere i propri stereotipi, superare le resistenze e costruire una cultura aziendale in cui ognuno possa sentirsi valorizzato e responsabile del cambiamento”.
Neurodiversità, salute mentale, caregiver: sono queste le dimensioni che troppo spesso restano fuori dai radar delle politiche aziendali, e che invece rappresentano un terreno fertile per una leadership inclusiva e trasformativa. “L’inclusione non è solo un obiettivo interno, ma un valore da condividere anche all’esterno”, ha concluso Abbruscato, ricordando che l’impatto positivo di un’organizzazione si misura anche nella sua capacità di generare equità e accoglienza nei confronti di clienti, partner e comunità. Assimoco, con il suo approccio mutualistico e sostenibile, dimostra ancora una volta che l’impresa può essere motore di cambiamento sociale, e che il lavoro, quando è davvero umano, diventa spazio di cura, di relazione e di futuro.