
Coface sottolinea il parallelismo tra le strategie di investimento di Cina e Giappone che potrebbe diventare un cattivo auspicio per le imprese giapponesi, nonostante il vantaggio competitivo dei “primi arrivati” in termini di investimenti.
Infatti, gli investimenti cinesi non si concentrano più sulle risorse minerarie e si rivolgono a industria e servizi, settori in cui il Giappone gioca un ruolo importante per tradizione. Il settore minerario è passato dal quarto al terzo posto tra il 2006 e il 2016, mentre l’industria è salita dal quinto al secondo posto. Il Giappone resta un attore chiave dell’industria, ma la quota di flussi di IDE in uscita è passata dal 69% del totale nel 2006 a un misero 35% nel 2016. Questo si spiega con il riposizionamento del Giappone sui servizi a forte valore aggiunto e i settori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, un approccio che corrisponde alle aspirazioni regionali della Cina.
Concorrenza è sinonimo di dinamismo, e due potenze regionali potrebbero essere fonte di nuove opportunità commerciali per le imprese asiatiche. Tuttavia, è anche fonte di incertezza, in particolare per le imprese giapponesi, incapaci di imprimere un’accelerazione.
“La concorrenza che sta scaturendo tra Giappone e Cina impone un’attenta riflessione sulle due principali economie asiatiche”, sottolinea Ernesto De Martinis, CEO di Coface in Italia. “Ci troviamo, infatti, davanti ad uno scenario inedito dove alla tradizionale superiorità nipponica negli investimenti esteri diretti si contrappone una rinnovata forza commerciale cinese, con interessi che potrebbero confliggere con quelli che sono i consueti approdi giapponesi, rappresentati da industria e servizi. Un parallelismo che si fa, dunque, rilevante in termini di strategie di investimento, potenzialmente in grado di sovvertire i tradizionali schemi di sviluppo”, ha concluso De Martinis.