
Il Misery Index di Confcommercio (MIC) racconta un’Italia sospesa, immobile in una stabilità che somiglia più a una tregua che a una vera ripresa. A settembre 2025 l’indicatore sale leggermente a 10,3 punti, tre decimi in più rispetto ad agosto, ma il quadro resta sostanzialmente invariato da quasi un anno.
Dietro questo numero si nasconde una realtà fatta di luci e ombre che attraversa la vita quotidiana degli italiani, tra carrelli della spesa più pesanti e un mercato del lavoro che tiene, ma senza slanci.
L’aumento del MIC riflette due dinamiche contrapposte che si bilanciano quasi perfettamente. Da un lato l’inflazione dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto è tornata a salire, passando dal 2,3% di agosto al 2,7% di settembre. Sono quei prodotti che le famiglie comprano ogni giorno o quasi, quelli che pesano davvero sul bilancio mensile e che fanno percepire concretamente il costo della vita. Dall’altro lato, il tasso di disoccupazione esteso scende al 6,5%, con un recupero degli occupati e una contenuta riduzione dei disoccupati che dovrebbero portare il tasso di disoccupazione ufficiale al 5,9%. Anche le unità di lavoro standard interessate dalla cassa integrazione mostrano una situazione stabile.
Gli analisti di Confcommercio spiegano che l’impennata inflazionistica di settembre è in realtà un effetto ottico, dovuto al confronto con lo stesso periodo del 2024 quando i prezzi dei beni ad alta frequenza stavano rallentando.
“Già da ottobre la tendenza potrebbe cominciare a rientrare”, segnalano gli esperti, lasciando intravedere un possibile raffreddamento dei prezzi nei prossimi mesi.
Le previsioni per il resto dell’anno parlano di una stabilizzazione dell’area del disagio sociale su valori vicini a 10 punti, il livello più basso dal 2007, anno in cui è iniziata la rilevazione. Numeri che, sulla carta, dovrebbero rassicurare: inflazione moderata, mercato del lavoro in miglioramento, potere d’acquisto aggregato che tiene. Eppure qualcosa non funziona. Le famiglie italiane continuano a tenere i cordoni della borsa stretti, con consumi che ristagnano nonostante le condizioni teoricamente favorevoli.
Ed è proprio qui che si annida l’incognita più pericolosa. “Solo un recupero della fiducia e della domanda delle famiglie potrà migliorare le prospettive economiche favorendo la riduzione dell’area del disagio sociale”, avvertono da Confcommercio. Il messaggio è chiaro: senza una ripresa dei consumi, viste anche le difficoltà dell’export, l’economia italiana rischia di rimanere intrappolata in questa fase di stallo. E lo scenario peggiore è dietro l’angolo: “In mancanza di tale impulso, non si può escludere un peggioramento significativo dell’indice”.
La fotografia che emerge è quella di un Paese che tiene, ma non decolla. Un’Italia che ha superato le turbolenze più acute dell’inflazione post-pandemica e della crisi energetica, ma che non riesce a trasformare questa stabilità in slancio. Le famiglie, scottate dagli anni difficili, preferiscono risparmiare piuttosto che spendere, creando un circolo vizioso che blocca la crescita. E mentre i tecnici scrutano i decimali dell’inflazione e i tassi di occupazione, milioni di italiani continuano a fare i conti con una quotidianità che migliora lentamente, troppo lentamente per ridare quella fiducia che sola potrebbe sbloccare l’economia.