
L’Office of Financial Research (OFR) americano ha diffuso nei giorni scorsi uno studio in cui mette in guardia il mercato finanziario americano sulle possibili conseguenze che la Brexit, e in particolare le condizioni decise durante i suoi negoziati, avranno sull’economia statunitense.
Il rischio principale è di una diffusa instabilità del sistema finanziario, complice il crollo dei tassi di interesse che già nei 18 mesi precedenti al referendum erano a livelli bassissimi e hanno raggiunto – in seguito all’esito del voto - i minimi storici.
Richiard Bermer ha dichiarato che gli effetti dell’uscita del Regno Unito dall’UE si faranno sentire per parecchi mesi o anni, al pari con il tempo che sarà necessario per definire i dettagli del divorzio tra le due potenze. L’economia britannica e quella statunitense infatti sono altamente connesse sia tra loro che con il mercato europeo, dunque la diffusione di instabilità e il verificarsi di terremoti finanziari in seguito alla scissione potrebbero concretamente minacciare anche il colosso americano.
Secondo il report dell’OFR infatti le banche, le compagnie assicurative, gli asset manager e i fondi speculativi statunitensi detengono ingenti crediti finanziari presso varie istituzioni britanniche, per un giro d’affari che ammonterebbe a 2,1 trilioni di dollari: l’11,3% dell’economia americana. I crediti verso istituti dell’UE – al netto dell’UK – sarebbero invece 2,9 trilioni di dollari. Nessuna di queste due cifre include titoli derivati o fideiussioni.
Insomma l’ombra della Brexit spaventa anche oltre oceano, e a poco più di un mese di distanza dal referendum sono ancora tante le preoccupazioni dei mercati internazionali nei confronti di questo evento.