Tra marzo e settembre dello scorso anno, circa 3 milioni di italiani sono stati costretti a rinunciare alle cure mediche per le difficoltà economiche sopraggiunte durante la pandemia. È quanto emerge dalla ricerca commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat.
Osservando i dati del campione nazionale rappresentativo della popolazione adulta si scopre che 32,8 milioni di italiani si sono visti rimandare, se non addirittura annullare, visite, esami o operazioni in programma nel 2020.
Circa 27,9 milioni di italiani, vale a dire il 73,6% di coloro che avevano in programma un appuntamento presso una struttura sanitaria, hanno subito uno o più rinvii, mentre 13 milioni di cittadini, il 34,3%, hanno dovuto subire l’annullamento.
I disservizi hanno riguardato praticamente tutte le specialità. Ma se il triste primato spetta, in percentuale, a gastroenterologia e urologia (rispettivamente con l’81,2% e il 75% di pazienti che hanno subito ritardi o annullamenti su visite, esami od operazioni già programmate), il fenomeno ha riguardato anche patologie molto gravi. Hanno infatti subito ritardi o annullamenti il 61,1% dei pazienti cardiologici e il 47,2% di quelli oncologici.
Mediamente il rinvio è stato di quasi due mesi (53 giorni), ma il dato ancor più preoccupante è che nel 68% dei casi l’appuntamento è stato rimandato sine die. Per alcune specialità, però, i giorni di rinvio sono stati ben più lunghi; nel caso dell’oncologia, ad esempio, lo slittamento medio è stato di 63 giorni, per la cardiologia di 72 giorni e addirittura 81 giorni per la ginecologia.
In questo contesto aumenta il ricorso alla sanità privata. Fra chi ha subito un rinvio o un annullamento, il 30,2% degli intervistati ha poi scelto di svolgere il controllo in struttura privata, il 31% in struttura pubblica, ma soprattutto, per il 38,8% l’esame è stato annullato senza alcuna riprogrammazione. Secondo l’indagine circa 7 milioni di cittadini, a seguito del rinvio o annullamento, hanno scelto di spostare da una struttura pubblica ad una privata una o più visite.
Quando si chiede la ragione del ricorso al privato si scopre che il 18,9% dei pazienti lo hanno fatto per paura che la loro patologia peggiorasse, il 12,6% perché avevano un’assicurazione che ne copriva i costi.
Chi si è rivolto ad una struttura privata ha dichiarato di aver speso, in media, 292 euro per singola visita, esame o operazione.
Per far fronte ai costi legati alla sanità privata, il 73,2% ha pagato usando i propri risparmi, mentre il 16,6% ha fatto ricorso a un’assicurazione sanitaria, mentre circa 2,2 milioni di pazienti (pari al 9,1% di chi è ricorso alla sanità privata) hanno dovuto chiedere un prestito ad amici, familiari o finanziarie. La soluzione del prestito è più frequente tra i rispondenti residenti al Sud e nelle Isole, dove la percentuale arriva all’11,9%.
Oltre ai disservizi, vi è una fetta importante della popolazione italiana che nel 2020 ha scelto di propria iniziativa di rinunciare a prenotare o effettuare una o più visite, esami specialistici od operazioni; secondo l’indagine sono 68,6% degli italiani, pari a circa 30 milioni di individui.
Perché milioni di italiani hanno rinunciato ad una o più cure? Nel 71,3% dei casi lo hanno fatto per paura di contrarre il Covid recandosi in una struttura medica, nel 19,7% perché scoraggiati dai lunghissimi tempi di attesa. Come detto prima, però, sono tantissimi coloro che hanno rinunciato per ragioni economiche e cioè il 20,9% del campione intervistato e, tra questi, per circa 3 milioni di individui le difficoltà sono sopraggiunte a causa di pandemia e lockdown.